Amarcord

I nostri Insegnanti



Domenica Maria Minarini

Maestra

1892 - 1959

20 Ottobre 1959 - Ritorna tra Voi, o buoni Campeggiani, la vostra Maestra, fedele ad un tacito impegno, suggello di una esistenza trascorsa, per oltre trent’anni, in questa parrocchia. Ricordandola fervorosa nella lode del Signore. Maestra paziente vostra e dei vostri figli, benevola e comprensiva con tutti, abbiate per Lei un ricordo ed un suffragio, onde l’Onnipotente Iddio faccia brillare, l’Anima sua nella luce dei Beati, così come Ella seppe far brillare, in mezzo agli uomini, una luce di fede e di bontà.
Foto d’epoca anni ’30 davanti alla canonica di Campeggio, la Maestra Minarini prima a destra.

La scuola alla Pergola, dove per oltre trent’anni insegnò la Maestra Maria Menarini

I Maestri e coniugi



Giuseppe Bonafè

Pia Rambaldi

1914 - 1965
1913 - 1981


La nostra scuola di Campeggio a Poggioli dove insegnavano Giuseppe e Pia dal 1945 al 1957.
(foto Gilberto T. 1970)

Poggioli: a destra la scuola, a sinistra il pilastro dell’Angelo, dove io e altri monelli scontavamo in ginocchio sui gradini le punizioni, al giovedì mattina; tutte le punizioni della settimana venivano eseguite al giovedì mattina, perché al giovedì passava la gente di Campeggio a piedi, che andavano al mercato a Monghidoro. Un caro ricordo al nostro Maestro Bonafè, che tentò con ogni mezzo di insegnarci qualcosa: ma senza riuscirci.

La nuova scuola di Campeggio dal 1958 al 1993.

Campeggio 1961, la mia classe, i nostri maestri, Assunta Pieri, Pia Rambaldi e Giuseppe Bonafè con le scolaresche.
(foto di Padre Giuseppe Salomoni, concessa da Anna Maria Salomoni)

10 Agosto 1986, la scolaresca di Campeggio con la sua Maestra Valeria Salomoni, nell’ambito di una giornata alpina ricevono la bandiera tricolore, benedetta da Mons Enelio Franzoni medaglia d’Oro al Valor Militare.
La scuola di Campeggio viene chiusa nel 1993, portando le classi a Monghidoro.



La Parrocchia


Campeggio 1926 le statue ornamentali.

Gruppo di pellegrini a Campeggio, foto anni ’30

Don Bonafè con una scolaresca di Campeggio.

Padre Antonio Salomoni e Don Bonafè con persone di Monghidoro, Campeggio anni ’40

Don Bonafè con un gruppo di ragazze, Campeggio 15-8-1940

Don Bonafè con dei giovani di fronte al pozzo, forse stanno lavorando nella strada che va a Sombilla, da notare i lavori di massicciata nella strada, 1930.

Il pozzo, all’inizio della strada per Sombilla, con sopra la statua di San Bartolomeo, opera di Angiolino Fabbri, inaugurata nel 1930. (Foto del 1955)

Bambini condotti in processione nelle gerle di un somarello adobbato di fiori. Campeggio anni ’30

Foto d’epoca scattata a Poggioli.

Tre Frati Dominicani, sullo sfondo la chiesa di Campeggio, foto scattata vicino a Brentese.

Al centro Padre Giuseppe Salomoni Domenicano, con altri sacerdoti, e le perpetue Pierina e Caterina.
(foto concessa da Anna Maria Salomoni).

Festa Grossa di Campeggio anni ’50, la Madonna di San Luca in processione all’uscita del Viale dei Caduti.

Giovani di Campeggio di fronte alla Chiesa, a sin. Padre Alberto Galli.


Ragazzi e Ragazze di Campeggio a una gita, con Padre Graziano Carpani 1955-59.

Una gita di giovani Campeggiani 1955-59.

10 Agosto 1986 giornata alpina a Campeggio, S.E. Cardinale Giacomo Biffi, celebra la S Messa al viale dei Caduti.


Presepe vivente a Campeggio 1988


I campanari


La Chiesa di Campeggio 5-1-1964 (foto concessa da Anna Maria Salomoni).

Il campanile, di cui la parrocchia era sprovvista, fu costruito dal parroco Don Pietro Domenico Michelini nella prima metà del 1700. Da allora Campeggio ha sempre avuto una grande tradizione campanaria, organizzando vere e proprie gare fra campanari. Durante la seconda guerra mondiale, mi dice Francesco Monti ( vecchio campanaro) una campana era rimasta danneggiata, e furono sostituite a guerra finita 1946. Fu commissionato un concerto da quattro campane, realizzate dalla fonderia Brighenti di Bologna. Arrivarono a Madonna dei Boschi con un camion, e trasportate a Campeggio con dei barrocci trainati da buoi. Per posizionarle in campanile fu costruito una teleferica, da una trave dentro al campanile, a un albero di noce che era sulla piazza della Chiesa, con un sistema di carucole, e una lunghissima fila di uomini, che tiravano le corde, le campane una ad una raggiunsero la sua sede. Il tutto fu coordinato dal titolare della fonderia Cav. Cesare Brighenti.
Le campane di Campeggio, fuse l’anno MCMXLVI (1946) nella fonderia del Cav. Cesare Brighenti di Bologna.

Pranzo dei campanari di Campeggio, fuori dalla canonica, da sin. Nello Boschi, Amedeo Salomoni, Francesco Monti, Nello Salomoni, Giuseppe Monti, Sergio Serantoni, Alfredo Menetti, Padre Angelico Menetti, Remo Boschi, Serafino Boschi (Foto stampata il 16-11-1962- concessa da Anna Maria Salomoni).

Piazza di Campeggio, gara campanaria anni 1970, (foto concessa da Anna Maria Salomoni).

Campeggio 8 Giugno 1986, Padre Reginaldo Orlandini, consegna i premi gara campanaria.

Campeggio 8-6-1986, a sinistra Vittorio Nassetti a destra Francesco Monti, che premiano i campanari.


Vecchi ricordi


“L’oste” di Sombilla, Ernesto Monti con il suo calesse.

Figli e nipoti dell’oste di Sombilla, Ernesto.
La famiglia di Alceste Boschi e Emilia Naldi, tipica famiglia di Campeggio anni ’30 (foto concessa da Paola Bacci)

L’Aquila 4 -5 -1935 richiamati alle armi classe 1911, da sin. Adriano Galanti, Giuseppe Tedeschi di Campeggio, seduto Giorgio Farini (Loiano)

La prima macchia di servizio pubblico a Campeggio di Serafino Boschi a destra, al centro Pietro Boschi col babbo Nello Boschi. Anni ’50.

Giovani di Campeggio da sin. Francesco Menetti, Serafino Boschi, Nello Boschi, seduti, Giuseppe Donati, Mario Donati.


Case rurali di Campeggio


Valle 1980

La Pergola 1942

In primo piano Cà della Selva, sullo sfondo Chiesa di Campeggio e Sombilla. 1942

L’Osteria 1942

La Cà Rossa 1986

Casa del Fiele 1986

La Casellina 1958


La lavorazione della paglia


Dalla seconda metà del 1800, fino al 1960 circa, anche a Campeggio, contadini, mezzadri, coltivatori diretti, piccoli proprietari di terreno lavoravano la paglia per fare la treccia "trèzza".(chi non possedeva terreni agricoli scambiava manodopera ai contadini con paglia da treccia) La treccia si otteneva intrecciando insieme tredici paglie, ma c’era anche il treccino "terzìn" che ne bastavano sette ed era molto più facile da fare lo facevamo anche noi bambini. La treccia finita veniva raccolta da dei mercanti casa per casa e portata a Monghidoro ai grossisti che la inviavano a Firenze dove esisteva una vera industria, si producevano svariati articoli, cappelli, stuoie, strisce, borse, cestini, tappeti, culle, suole interne per le scarpe. Ma prima di arrivare alla treccia c’era una lunga lavorazione che cominciava con la semina del grano, si seminavano delle varietà con lo stelo lungo, ne ricordo qualcuno, il “Trento” “Romanino” “Frasineto”. La mietitura andava fatta a mano per non rovinare gli steli, i covoni di grano legati con le "stròp" venivano portati a casa e messi dentro ai portici in attesa di lavorarli. I covoni venivano sciolti e raccolti in mazzi, e con un attrezzo speciale " rastlìn o petnìna " venivano pettinati dalle paglie superflue, "patòm" a questo punto si pareggiavano le spighe dei mazzi e si legavano in mannelle, mettendole stese nell’aia al sole per l’essiccamento, quando avevano preso una bella giornata di sole, gli uomini le sbattevano in una pietra inclinata per fare uscire i chicchi di grano, poi con un attrezzo la "tàia" veniva mozzata la coda delle mannelle, e venivano radunate in fasci di 50 pezzi e portate nei solai all’asciutto in attesa di essere lavorate. Nell’inverno, al caldo, nelle stalle si prendevano i fasci di paglia e si spagliavano " spaièr" consisteva nel mozzare la paglia con le mani all’altezza del nodo, una parte si buttava "spaièzz" la parte buona andava scelta e divisa in base alla lunghezza "stiumèr", poi andava inumidita nell’acqua per una giornata per intenerirla, ed era pronta per lavorare. Nella treccia rimanevano i capi e le code delle paglie "paiètt", queste giunture andavano tagliate con le forbici, "sgrùpler" la treccia e il treccino finiti, per dargli la forma, asciugarli e misurarli si mettevano in un apposito attrezzo "metèr" si facevano 14 giri intorno ai due pioli per un totale di 28 metri. A questo punto era stato assicurato un misero guadagno, ma indispensabile per la sopravvivenza dei braccianti, mezzadri e piccoli proprietari coltivatori.
Campeggio 1958, si miete il grano per la paglia da treccia.

Brentese 1940-50 lavorazione della paglia. (foto concessa da Anna Maria Salomoni).

Campeggio 1958, due trecciaiole al lavoro, Teresa Nannetti, e Giuseppina Lorenzi

“Fabio” il mercante di treccia, 1958.


Il lavoro nei campi - 1958


Veduta complesso parrocchiale di Campeggio
Un gruppo di agricoltori a una riunione
Il taglio del fieno a mano con la “frìna”.
Taglio del fieno con falciatrice “sgadòra”.
Costruzione di un pagliaio di fieno “fègna”.
Mietitura del grano con falciatrice “sgadòra”.
Un campo di grano appena mietuto “manvèi”.
Covoni di grano radunati a mucchio “cavalètt”.
Coltivazione di un campo di Mais. “furmentone”.
Un pergolato di Mais o granoturco
Macchina per sgranare il Mais “frulètt”.
Trebbiatrice per il grano, “ machìna da batèr ”
Buoi con la zappatrice, “zapadòra”.
Buoi col barroccio, “bròzz”.


Gilberto T . Campeggio (Monghidoro) - 2008 -