Campeggio, (566 m. s.l.m.) non è un Camping, e nemmeno un tradizionale Paese, è una valle dell’Appennino Tosco Emiliano, che si apre a ventaglio là dove nasce il fiume Idice, con i suoi pendii ondulati e piccoli pianori, risalenti a remote ere geologiche. Si adagia a mezza costa sulla sponda sinistra, il bel complesso parrocchiale di Campeggio, e in ordine sparso per tutto il territorio ci sono casolari, antichi borghi, case rurali villette. quest’area è caratterizzata da prati e pascoli, seminativi, da castagneti, da macchie di querce, e di conifere.
Campeggio è una parrocchia, le parrocchie confinanti sono: a Levante, Piancaldoli (Toscana), a Mezzogiorno, Pietramala (Toscana), a Ponente, Monghidoro, Lognola (Emilia Romagna), a Tramontana, Gragnano, San Benedetto del Querceto (Emilia Romagna). Nei primi tre secoli dopo Cristo, le parrocchie non esistevano, essendo il vescovo a governare direttamente. Nel XI secolo le parrocchie assunsero la struttura e l’importanza che ebbero poi per molti secoli. La parrocchia ha rappresentato, dal medioevo fino ai nostri giorni, quella unità politico-religiosa che ha caratterizzato tutto il medioevo e in molti casi caratterizza ancora la zona montana. La Parrocchia, è la più importante delle divisioni territoriali ecclesiastiche posta sotto l’amministrazione di un Sacerdote, (una volta). Queste parrocchie composte da una chiesa solitaria e casolari sperduti fra le montagne, erano in passato un mondo a sé, dove la vita scorreva lenta e sempre uguale una generazione dopo l’altra, al ritmo delle stagioni e dei lavori relativi.
Il mulino è una costruzione rurale, grosso modo come le case, differenziandosi per la sua funzione specifica che ne fa una struttura particolare ed interessante. Il mulino è costruito da due macine di pietra di cui una è fissa e l’altra rotante sopra di essa. Il grano, i cereali e le castagne introdotte fra le due macine vengano triturati e ridotti in farina. La macina rotante viene mossa dalla forza dell’acqua che batte sulle pale collegate alla macina tramite un albero. Le pale, come le altre strutture che servano a trasmettere il moto alle macine, sono di legno di quercia o di castagno. Il fabbricato dove si trova questo macchinario si compone di due locali, uno a piano terra con le macine, e comodamente raggiungibile con i mezzi di trasporto, e esattamente sotto il precedente (interrato) stanno le pale. L’acqua attraverso un condotto stretto (tromba) arriva sulle pale per caduta da un serbatoio (botte) una specie di vasca larga diversi metri e lunga anche più di venti metri, che riceve l’acqua a sua volta da un lungo canale posto parallelamente al fiume, a monte del mulino. Quasi sempre il fabbricato del mulino comprende anche l’abitazione per il mugnaio al piano superiore. L’ubicazione dei mulini è ovviamente vicino ai corsi d’acqua. Per la sua funzione e la sua posizione al mulino confluivano tutte le strade e viottoli.
Mi ricordo bene quando da bambino, (erano gli anni a cavallo del 1960) si andava a macinare al mulino della Pergola, con il barroccio trainato dalle bestie carico di grano, orzo, granoturco, anche 3-4 quintali. Si arrivava al mulino in mattinata, a volte c’erano già tre quattro barrocci, in fila, così si tornava a casa verso sera, (sicuramente non esistevano le prenotazioni). Quando si arrivava al mulino le raccomandazioni ai bambini erano: di non andare al fiume, sulla passerella, e vicino alla botte, cosa che (a parte la botte, dicevano fosse morto annegato un bambino) facevamo dopo pochi minuti. Al mulino della Pergola c’erano quattro macine, e quando l’acqua era in abbondanza macinavano tutte, c’era la macina per la farina di grano (fiore), la macina per le biade, e per le castagne secche. (Negli ultimi anni che il mulino ha funzionato, mi sembra che le macine andassero con un motore elettrico). Il mulino era un punto di incontro, (è sicuramente stato uno dei primi centri sociali) contadini, mulattieri, barrocciai, viandanti, si scambiavano notizie, opinioni, nascevano idee. I contadini a volte pagavano la macinatura in natura, con del grano. Il Mugnaio, era un personaggio, e ne sapeva un pò, di tutto.
In passato l’attraversamento di un corso d’acqua presentava meno problemi che non ai nostri giorni, soprattutto in relazione ai mezzi di trasporto. Il guado era un modo sbrigativo per l’attraversamento di corsi d’acqua, eccetto i periodi di piena. Poi, esigenze economiche e militari richiesero l’impiego di sistemi che garantissero l’attraversamento in qualsiasi condizione e nacquero così i ponti. I ponti nell’epoca romana erano per la maggior parte in legno, ma esistevano anche in muratura, (pietra o laterizio) ad una o più luci.
Nel medioevo i ponti migliorarono rispetto a quelli romani, gli archi si fecero più snelli e arditi (a schiena d’asino) e raggiunsero luci imponenti. Esistevano anche i ponti pedonali adatti al passaggio di pedoni o animali, varie erano le tipologie, il più semplice era il guado asciutto, vi era poi la passerella in legno, costruita da due travi maestre affiancate, sopra le travi maestre venivano disposte delle assicelle trasversali, e da un lato uno corrimano (la spalletta). Noi ragazzi eravamo attirati dalla passerella sospesa perché era ballerina, era costruita con quattro corde in acciaio tese tra una riva e l’altra, le due corde in basso sorreggevano le traversine in legno, e quelle in alto la funzione di corrimano.
Il territorio del Comune di Campeggio era caratterizzato da, seminativi, prati, pascoli, castagneti, boschi di cerro e quercia, e veniva sfruttato, seminando, frumento, marzatelli, maggese. Campeggio disponeva di ampi pascoli di proprietà del Comune, pascoli che nei secoli sono stati causa di grandi diatribe fra abitanti del luogo, che con o senza permesso ne usufruivano, pastori di pecore e capre, allevatori di bestiame, questi pascoli vennero rimboschiti a partire dal 1920 con delle piantagioni di conifere. Nei versanti più freschi del territorio ci sono i castagneti, l’uomo ha saputo anche imporsi modificando la natura soprattutto quando subentravano problemi di sopravvivenza, l’esempio più significativo è l’albero del castagno, introdotto in Italia intorno al mille pare da Matilde di Canossa (che qui nelle nostre zone aveva dei possedimenti). Il castagno da frutto ha consentito la sopravvivenza per secoli delle popolazioni montanare, e non solo, fornendo frutti utilizzati freschi e secchi, crudi e cotti, farina per la polenta, il castagno era chiamato “albero del pane”. Poi il castagno da paleria, ha fornito, legname da ardere, e da lavoro.
(Dal libro Mong Gothorum, gentilmente concessa dal comitato culturale “San Michele ad Alpes” Monghidoro).
In tanti documenti e scritti, di Campeggio si cita una via maestra, anche il Calindri cita l’antichissima via maestra, bene, le ricerche e gli studi di Don Renzo Calzi pubblicati nel suo libro (Flaminia Minor) – 1986, dicono che questa via, fosse un ramo della Flaminia Minor. Al colle di Canda arrivava la Flaminia Minor proveniente da Claterna, per proseguire verso Arezzo, e qui, questo colle che fungeva da cerniera, partiva questo ramo della Flaminia, passando per Cavrenno, Frassineta, Campeggio e raggiungere Madonna dei Boschi, per proseguire per Loiano e Bologna, nella Fiammenga.